L’uso del lavoro delocalizzato spesso comporta lo sfruttamento del personale obbligandolo a lavorare in condizioni estenuanti senza tutele. Ecco il caso di fornitori di articoli per NIKE Inc

Nel corso degli anni l’Organizzazione internazionale del lavoro ha definito una serie di norme per tutelare i lavoratori da possibili abusi e promuovere i diritti dei lavoratori e la lotta al “lavoro forzato”. La settimana lavorativa di 40 ore, per esempio, fa parte di questi standard. Esistono aziende che fanno uso di lavoro delocalizzato, ossia assemblano o fabbricano i loro prodotti in un paese diverso rispetto a quello della sede della società (dove spesso la mano d’opera costa meno), al fine di sfruttare il personale obbligandolo a lavorare in condizioni estenuanti.

L’ACCUSA DELL’ AUSTRALIAN STRATEGIC POLICY INSTITUTE (ASPI)

Un’accusa circostanziata sulla violazione degli standard lavorativi nel marzo 2020 permette di approfondire la materia. Due anni fa, l’Australian Strategic Policy Institute (ASPI), un think tank indipendente sulla difesa e sulla politica strategica, ha riferito che diversi fornitori di Nike Inc (colosso USA dell’abbigliamento sportivo), impiegavano presumibilmente lavoratori uiguri (un gruppo di minoranza musulmana nello Xinjiang, in Cina) che erano parte dei programmi di trasferimento del lavoro del governo cinese.

ETNIE MINORITARIE DETENUTE IN CAMPI DI RIEDUCAZIONE

Secondo svariati rapporti, dal 2017 più di un milione di uiguri, kazaki e altre etnie minoritarie sono state detenute in “campi di rieducazione”, monitorati da telecamere, sorvegliati da poliziotti armati e circondati da muri con filo spinato. I rapporti, inoltre, citano accuse secondo cui gli uiguri sono stati costretti a svolgere lavori manuali nei campi per varie catene di approvvigionamento che forniscono materie prime presumibilmente provenienti da un certo numero di aziende manifatturiere e al dettaglio a livello globale.

NIKE HA NEGATO RAPPORTI D’ AFFARI CON STRUTTURE NELLO XINJIANG

Secondo il rapporto dell’ASPI, circa 600 lavoratori appartenenti a minoranze, per lo più donne, sono stati trasferiti dalle prefetture di Hotan e Kashgar nello Xinjiang e sarebbero stati impiegati dall’azienda Qingdao Taekwang Shoes Co. Ltd a lavorare nel loro complesso industriale a Laixi (provincia di Shandong) a partire da gennaio 2020. Nike Inc., segnalato come cliente principale, ha negato di avere rapporti d’affari con strutture nello Xinjiang.

L’INCHIESTA DEL NEW YORK TIMES DEL DICEMBRE 2020

Il New York Times ha riferito nel dicembre 2020 che diverse società, tra cui Nike, sarebbero state presumibilmente coinvolte in attività di lobbying relative alla limitazione di alcune disposizioni del lavoro forzato uiguro nell’ambito della Legge sulla prevenzione approvata dalla Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti. I legali di Nike hanno invece dichiarato che la compagnia non ha esercitato pressioni contro la legislazione, limitandosi ad avere discussioni costruttive sui diritti umani con i membri del Congresso. Nel marzo 2021, il Comitato per la strategia aziendale, energetica e industriale dei membri del Parlamento (MP) ha affermato che c’era una mancanza di trasparenza nelle catene di approvvigionamento di Nike.

Andamento del titolo NIKE
Fonte: Bloomberg, 31.12.2018 – 31.12.2021